Cronache dell’Armata: tra storia e leggenda

Sabato scorso alla “Four Cats Cup”, tradizionale torneo vicentino di rugby Old, non c’erano certo né 4 né 44 gatti.
Le quindici squadre iscritte, infatti, fanno, mal contati, almeno 300 vecchi rugbisti, intenzionati a battersi sul campo e a tener fede al loro motto, internazionalmente riconosciuto, “fun, friendship, fraternity”.

Considerata la presenza di tanti animali, quella di sabato è stata dunque l’ennesima dimostrazione che il rugby resta, forse – per chi lo vede dall’esterno – uno sport bestiale, ma è sicuramente “giocato da gentiluomini”.
Aforismi sul rugby a parte, metti insieme un po’ di vecchi giocatori e avrai anche una marea di storie.

Non c’è, del resto, un altro sport fatto di storie come quello della palla ovale.
Lo capisci in ogni terzo tempo, quando qualche pinta di birra lubrifica i ricordi, lo senti nei canti intonati sugli spalti, lo vedi dai riti che si mantengono e dalle tradizioni che si rispettano.

Nel rugby le storie con l’iniziale minuscola, preziose soprattutto per i giovani, si mescolano senza soggezione a quelle con la “S” maiuscola.
L’Armata ne ha avuto una prova nel primo incontro di sabato contro gli Highlanders di Torino.
Il grido di saluto della squadra piemontese: “bogioma nen da sì” ci riporta infatti addirittura a metà settecento, nel pieno della complicatissima (come ogni lite ereditaria) “guerra di successione austrica” che coinvolse, come alleato degli Asburgo, anche il Regno di Sardegna.
Quel giorno sul colle dell’Asietta (2500 m) 4.800 soldati piemontesi si trincerarono per fermare l’avanzata di 18.000 francesi.
Durante la battaglia, di fronte alla pressione del nemico, lo stato maggiore piemontese inviò al 1° battaglione delle guardie (gli attuali Granatieri di Sardegna) l’ordine di ritirarsi dal caposaldo della Testa dell’Assietta, sulla cima del colle.
L’ordine fu ripetuto per tre volte ma il comandante dell’avamposto, Paolo Federico Novarina, conte di San Sebastiano, si rifiutò di obbedire rispondendo al comando, in stretto dialetto piemontese: “Noiàutri i bogioma nen da sì!“ (noi non ci muoviamo da qui).
Inutile dire che la ridotta fu difesa e che la battaglia si risolse in favore dei piemontesi.
A ricordo della gloriosa impresa fu concesso ai Granatieri di applicare all’uniforme gli alamari bianchi (che portano anche oggi) che caratterizzavano le giubbe degli sconfitti.
La frase divenne subito un diffuso motto popolare e, da allora, la parola “bogianen” è usata per indicare tutti i piemontesi, con riferimento alla loro testardaggine e risolutezza.

Per la storia (quella davvero minuscola) la tenacia dei piemontesi non è bastata a fermare l’Armata: partita vinta 2 a 0.

Se non avete fatto indigestione di storia c’è n’è ancora tanta nei Cangrandi (finita 1-1) che, nel nome, ricordano l’apice della dinastia scaligera (signori di Verona da metà 200 a fine 300).

Ma di sicuro la storia più bella è quella della Poderosa Brescia (sempre per la storia 0-0) che può vantare (udite, udite!) il più vecchio tesserato FIR d’Italia: classe 1931!
Leggere per credere

E questa, signore e signori, non è più storia ma leggenda.

Rugby Mirano 1957 ASD – Michele “Eta Beta” Lacchin.

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